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Da un Antonio Mancini conservato al Museo Mesdag a L’Aia, storia di un dipinto …..

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firma in basso a destra “Axentowicz Teodor / 96” olio su tela 60 x 100 cm.

Il dipinto in esame era coperto da una spessa coltre di vernice e polvere che ne celava le vere qualità cromatiche nonché la firma. La successiva pulitura, rimuovendo la vernice e lo sporco accumulatosi nel tempo, ha portato alla luce firma e data autografe di Teodor Axentowicz (“Axentowicz Teodor / 96”), noto artista di origine polacca, la cui fama è legata alla produzione di raffinati ritratti, specie dell’aristocrazia europea.

Il soggetto raffigurato è chiaramente derivato dalla tela di Antonio Mancini dal titolo “Il venditore di statuette” (altri titoli sono: Il piccolo antiquario, Ragazzo nudo), conservata presso il Museo Mesdag a L’Aia, della quale la presente opera riprende, in scala più ridotta, posa e gesti del giovanetto nudo sdraiato, sebbene l’immagine sia specularmente invertita. Più accentuate sono invece le differenze nella composizione dello sfondo: nel dipinto di Axentowicz compaiono vasi di fogge diverse rispetto a quelli della tela manciniana, tappezzerie e tendaggi con colori vivaci e un grande piatto da parata in metallo sbalzato, appoggiato sul piano contro la parete a destra.

È più che probabile che Axentowicz abbia conosciuto Mesdag nel corso dei suoi soggiorni nelle capitali europee. Pittore già famoso e personalità di spicco dell’intellighènzia olandese, Mesdag era anche un appassionato collezionista di pittura e tra i suoi autori preferiti figurava Antonio Mancini, del quale possedeva diversi capolavori del primo periodo romano. Uno di essi, già da vari anni entrato nella sua raccolta, era proprio “Il venditore di statuette”, un’opera di cui lo stesso Mesdag, in una lettera del 3 gennaio 1886, sottolinea la “grande qualità”. Risulta invece difficile appurare le circostanze della genesi del dipinto di Axentowicz. Si può ipotizzare la fascinazione esercitata dal capolavoro manciniano sulle ambizioni dell’artista polacco, già cimentatosi nella realizzazione di copie da dipinti di maestri antichi. Oppure, più semplicemente, l’opera potrebbe essere il frutto di una committenza, forse a lui procurata sempre da Mesdag. Di certo, questa splendida versione di Axentowicz è giunta a noi nella sua cornice originale, di squisita fattura, realizzata da G.L. Bronner, corniciaio e doratore con bottega a L’Aia, come attestato dall’etichetta della ditta apposta sul retro della stessa cornice. Un indizio, quest’ultimo, che pare confermare la buona considerazione di cui godeva Axentowicz nell’ambiente artistico della città olandese.

dettaglio angolo cornice

Dal confronto dei due dipinti emerge un aspetto di singolare curiosità. Nel dipinto di Mancini, nonostante la posa languida e i tratti efebici del corpo dell’adolescente, appare indubbio che i lineamenti del volto siano quelli di un modello maschile, tra l’altro effigiato anche in altre opere dell’artista; al contrario, nell’opera in esame, i lunghi capelli che morbidamente ricadono sul cuscino bianco e l’interrogativa sensualità del viso delineano la fisionomia di una giovane quanto acerba ragazza. È possibile che questa interpretazione “al femminile” del soggetto sia una precisa licenza di Axentowicz rispetto alla tela manciniana, come diversa è pure l’ambientazione dei due dipinti. Ma non è da escludere anche un’altra spiegazione. Nel dipinto di Mancini, alla sinistra della testa del giovanetto dai capelli corti e scuri c’è un fondo indistinto di colore nero, con una stesura à plat tipica dell’artista, forse ideato per rendere più ipnotico il ritratto e al contempo per dare sostegno alla testa del bambino, la quale sarebbe altrimenti piegata in una posa innaturale. Tuttavia, colui che esamini il dipinto solo sulla base di una immagine in bianco e nero può anche riportare l’impressione che questa area indefinita sia la capigliatura di una giovane modellina. Nell’ipotesi che Axentowicz abbia elaborato la sua variante prendendo spunto da una fotografia del dipinto di Mancini, egli potrebbe pertanto aver frainteso l’identità sessuale del modello, scambiando quello che è un fondo di pittura bituminosa per una fluente chioma femminile. E in questi modi la dipinge l’artista polacco, facendola risaltare con evidenza sul colore bianco del cuscino, come a volerne rimarcare il contrasto con un corpo non ancora sbocciato.


Antonio Mancini, Museo Mesdag . Il venditore di statuette

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