H. E. Coleman | Castello romano – Castello di Rispoli lago di Nemi.
Acquarello su cartoncino, opera firmata di Hery Coleman raffigurante un paesaggio che dovrebbe coincidere con l’affaccio del Castello di Rispoli sul Lago di Nemi, area cara al pittore che frequentava con piacere e che ripropone spesso in vedute realizzate ad acquarello.
Buono stato conservativo mis.48×30 escluso cornice
COLEMAN, Enrico (Henry)
Nacque il 21giugno 1846 a Roma, dove il padre Charles, pittore paesaggista inglese, si era trasferito fin dal 1831; la madre, Fortunata Segadori, era una modella nata a Subiaco. Dal padre ereditò l’interesse per la pittura di paesaggio e divenne, insieme con l’amico Onorato Carlandi conosciuto alle esercitazioni della guardia nazionale, assiduo frequentatore della campagna dei dintorni di Roma, soggetto preferito dei suoi dipinti. Dedicò particolare attenzione, condivisa anche da A. Raggio, nel ritrarre movimentate scene di animali in corsa. Proprio l’insuccesso di Una mandria di bufali nelle paludi pontine, presentato al Circolo artistico, determinò il suo passaggio verso i modi più facili e di successo della pittura alla Mariano Fortuny, molto di moda in quegli anni. Ben presto, tuttavia, grazie ai consigli di Nino Costa, il più anziano dei paesaggisti operanti a Roma, ritornò con maggiore entusiasmo a soggetti di tipo naturalistico.
Il C. ritrasse, principalmente all’acquerello, le desolate distese della Campagna romana in dipinti con prevalenza di linee orizzontali, oppure le più diverse specie erbacee e, in particolare, le orchidee in “ingrandimenti” eseguiti con tratto raffinato e minuto. Fu famosa la sua passione per questo fiore del quale divenne un eccellente coltivatore, così che F. Cortesi gli dedicò un ibrido tra Orchis mascula var. rosea e Orchis provincialis var. pauciflora, che egli era riuscito a far riprodurre. Redasse, sempre all’acquerello, un album-raccolta di moltissime specie di orchidee selvatiche, album unico nel suo genere, acquistato da un inglese (Jannattoni, 1950, p. 29). Il C. ebbe lo studio prima in via Zucchelli n. 16; poi, insieme con il fratello Francesco, passò nello studio paterno, in via Margutta n. 33, nel palazzo Dovizielli.
Uomo metodico, divise i suoi interessi tra la pittura, la caccia, l’alpinismo. Fu, infatti, tra i primi frequentatori del Club alpino italiano, che nel 1907 lo nominò socio benemerito (nel 1888 vinse una medaglia d’oro all’Esposizione alpina di Bologna). Dipinse un pannello con una veduta dell’Agro romano per il caffè Greco (tuttora conservato in loco), il ritrovo degli artisti dove egli era solito passare le serate e dove veniva chiamato il “Birmano” (Angeli, 1939, p. 122). Nel 1878 venne nominato membro onorario della Reale Società degli acquerellisti belgi. La presenza del pittore alle maggiori mostre italiane fu costante. Nel 1880, all’Esposizione internazionale di Torino, esordì con Entrata nel bosco,Escursione al monte Semprevivo,Inondazione nella Campagna romana; l’anno dopo, all’Esposizione internazionale di Milano, espose Vole,Vole madama?; nell’83 a Roma presentò Timor panico,Un ingombro,Seppellire imorti,A 2000 metri,Una via di Castel di Sangro. Frequentò tutte le Biennali veneziane dalla I (1895) alla IX (1910) e fu presente un po’ a tutte le mostre del gruppo “In Arte Libertas” fondato da Nino Costa (per questo si veda presso l’università di Roma la tesi di laurea del 1974 di Andrea Sestieri). Con Carlandi, Pascarella e altri era solito intraprendere lunghe passeggiate sia verso i monti del Lazio, sia verso le paludose pianure del litorale marino fino a Terracina, dove i pittori del gruppo decorarono il locale Circolo artistico. Nel corso del 1902 gli fu conferita la nomina di accademico di merito dalla Accademia di belle arti di Perugia. La sua fedeltà al tema della natura, perseguita durante tutta la vita, indusse gli artisti che nel 1904 dettero vita al gruppo dei “XXV della Campagna romana” ad attribuirgli la presidenza del sodalizio: ne divenne, cioè, il “capoccetta”.
Il C. conservò per tutta la vita la nazionalità britannica, ma, poco amante dei viaggi, non conobbe mai la terra di origine della sua famiglia.
Morì a Roma il 4 febbr. 1911 e venne sepolto nel cimitero acattolico di Testaccio. La iscrizione tombale reca ladata computata dalla fondazione di Roma.
Nell’anno stesso della sua morte gli fu dedicata una retrospettiva di quarantanove opere nel palazzo costruito da C. Bazzani per l’Esposizione internazionale di Roma (catal., Bergamo 1911, p. 20). Opere dell’artista furono esposte nel 1923 presso la casa d’arte Palazzi sempre a Roma; nel 1932 nella Mostra di Roma nell’Ottocento; nel 1936 nello studio di Augusto Jandolo; nel ’43 presso la galleria S. Marco di Roma. Purtroppo la maggior parte della produzione pittorica del C. risulta dispersa in raccolte private e manca di una sistematica catalogazione. Nel Museo di Liverpool è conservato Buoi che trascinano un pezzo di marmo; all’Accademia di S. Luca appartengono due acquerelli: Via Appia Antica (1909) e Tor Tre Teste; alla Galleria d’arte moderna di Roma sono conservati Desolata campagna romana (esposto alla Biennale veneziana del 1901: ill. 47 del catal.) e i Centauri (1895), quadro, quest’ultimo, che fu acquistato dall’americano Bob E. Chandler che fece poi donazione del dipinto alla sede attuale. Nella British School di Roma si trovano Anzio e Campagna romana, due olii su cartone; un acquerello con Ruderi di un villaggio in Ciociaria è conservato nella Pinac. provinciale di Bari. Qui il C. si impegna in un tentativo di fusione mitico-naturalistica un po’ estranea alla vena artistica del pittore, sensibilizzato ai modi simbolisti che si andavano diffondendo nell’ambiente (Angeli, 1939, p. 125).
Fonti e Bibl.: Necrol. di V. Pica, in Emporium, XXXIII (1911), p. 306; F. Sapori, E. C., Torino 1919; A. Jandolo, Le memorie di un antiquario, Milano 1938, p. 335; D. Angeli, Le Cronache del Caffè Greco, Roma 1939, passim; L. Jannattoni, Roma e gli Inglesi, Roma 1945, ad Indicem; Id., I pittori Coleman, in L’Urbe, XIII (1950), 4, pp. 27 ss.; F. Sapori, I maestri di Terracina, Roma 1954, p. 33; V. Martinelli, Paesisti romani dell’Ottocento, Roma 1963, p. 59; R. J. M. Olson, Ital. 19th century drawings and watercolors (catal.), New York 1976, n. 65; M. Marini Il gran libro della natura (catal.), Roma 1977, p. 99; M. Fagiolo-M. Marini, Costume di Roma Ottocento, Roma 1978, p. 14; A. Gramiccia, in Da Canova a De Carolis (catal.), Roma 1978, p. 81; M. Marazzi, La Campagna romana in un dipinto di E. C., in Lazio ieri e oggi, gennaio 1979; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 198.