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Virgilio nella cesta , una storia di beffa e vendetta Da un incisione al bulino di L. Van Leyden 1525

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  • Categoria dell'articolo:Editoriale

Virgilio nella cesta

Hugenszoon, Lucas detto Luca di Leida

Lo vedete quel che pare un cesto di pane a mezzaria del palazzo, ecco Lukas Van Leyden ha voluto incidere così un evento che Domenico Comparetti nel 1872, con il suo libro più famoso Virgilio nel Medioevo dedica alla leggenda di Virgilio nella cesta.

Nell capitolo VIII. si narra del suo  amore per la giovane figlia dell’imperatore di Roma e dell’imbarazzante epilogo, che pone il poeta agli occhi di tutti in siffatta circostanza.

Scrive lo studioso:

Fingendo di accettare la sua dichiarazione e piegandosi ai suoi voti, la giovane gli propose di introdurlo nascostamente nelle proprie stanze, facendolo tirar su di notte dentro a una cesta fino alla finestra della torre da essa abitata. Tutto gioia, Virgilio accettò; e all’ora designata corse a mettersi nella cesta che trovò pronta appuntino e con sua grande soddisfazione non tardò a sentirsi sollevare in aria. E fino a un certo punto, la cosa andava bene; ma giunta la cesta a mezza strada lì si fermò e vi rimase fino a giorno. Grandi furono le risa e il chiasso che fece la mattina appresso il popolo romano, a cui Virgilio era notissimo, quando vide un sì grave personaggio in quella pensile situazione. Né qui finiva la cosa: ché informato di tutto l’imperatore, Virgilio messo a terra di grave pena era minacciato, se con l’arte sua non avesse saputo sottrarvisi. Ma lo smacco rimaneva e l’oltraggio non era perdonabile. […]  Ecco la scena che vediamo è quella del giorno dove le genti passando indicano il poeta sospeso dalla sua gloria e immerso nell’imbarazzo.

Fu poi imbastito un seguito della storia:

 

“La vendetta di Virgilio è terribile. Il racconto che riportiamo di seguito è tratto dal Renart le Contrefait, opera scritta nel Nord francese tra il 1319 e il 1342 e testimonia la diffusione europea della leggenda in un numero altissimo di redazioni diverse (LECCO 2005, p.142).

Fece allora che in tutta la città
fino a dieci leghe tutto intorno
non ci fosse fuoco affatto.
Si estinse tutto senza rimedio.
Fece allora sapere in giro da un araldo
che chi volesse avere del fuoco
doveva chiederlo a quella certa dama:
sarebbe stato fra le sue gambe,
né altrove lo si sarebbe trovato,
né se ne sarebbe potuto rinvenire diversamente.
Avreste dovuto vedere la gente farsi folle:
subito la torre fu fatta a pezzi
e alla gran dama furono stracciate le vesti.
Proprio in mezzo alla città fu messa,
sistemata in un posto elevato.
Lì ciascuno teneva il suo con
e ciascuno ci prendeva il fuoco.
Al suo con mettevano candele,
e con il con le accendevano,
e chi avesse acceso,
non poteva passarlo ad altri.
Il fuoco non poteva aiutare nessun altro,
ma bastava proprio solo a lui.
Quella fu colà trattenuta
tutto il giorno dal mattino
fino a quando calò la notte scura,
tutta nuda, senza uno straccio addosso.
Ad ogni istante portavano candele,
e sempre quella concedeva luce,
tutti la videro in questa situazione.
Così il mago ne ebbe vendetta.

Il con (dal latino cunnus) è il termine che il francese antico e anche quello colloquiale moderno usa per definire l’organo genitale femminile. Secondo Comparetti, le due parti della leggenda nacquero in contesti diversi e separatamente; la seconda parte è di origine orientale e fu saldata alla prima in tempi successivi; la storia completa risulta attestata già nel XIII sec.”  da : Barbara Ricci, L’amor scortese: la leggenda di Virgilio nella cesta. 

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